Ogni notte mi aspetta, nero mostro insonne dagli occhi spalancati, accucciato fra le lenzuola, sotto le coperte.
Voglio ignorarne la presenza.
Nel buio delle palpebre lascio che scorrano uno dopo l’altro i fotogrammi del giorno appena passato: visioni fugaci di angoli di strade, insegne di negozi, scritte sui muri, una pianticella uccisa dall’inverno aggrappata alla recinzione, la mano tesa di un mendicante, facce, espressioni, tagli di luce e connessure irregolari fra le lastre di un marciapiede. È tutto un mondo, appena vissuto e subito dissolto, deflagrato in mille schegge incoerenti.
Le idee mi frizzano nella testa, spumeggianti come vino novello.
Intanto le lancette fluorescenti avanzano, minuto per minuto, ora per ora.
Si avvicina l’alba, il cielo schiarisce.
Passa un’automobile, si alza una serranda.
Il sonno arriva, finalmente, e porta doni di Poesia. Si placano le idee e si compongono in fluidi versi liquidi, scorrevoli e trasparenti come acqua di fiume. Volano le parole, leggere e colorate ali di farfalle.
Io sono il Poeta, la mia vita è sogno.
Ma il mattino è crudele e tutto disperde nella luce chiara. Inutilmente le mie mani si tendono per afferrarne almeno qualche brano: fugge da me la Poesia e svanisce come un’illusione. Insetti impazziti, le parole schizzano qua e là, svaporano i significati, invano cerco di trattenere una bella metafora, una rima riuscita.
Il cuscino è ammaccato, il lenzuolo è sgualcito.
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