January 31, 2012

Oltre il cancello



Il cancello

Impavido nel suo avamposto
difende il Confine.
La ruggine ha intaccato le sue aste metalliche,
che però son forti e appuntite come spade
e diritte
in un perpetuo presentat’arm.
Chi mai oserebbe varcare la soglia?
Altolà!
Il chiavistello è chiuso a più mandate.
Non si passa!
Gli stipiti sono ben conficcati nel terreno...
È vero... a destra e a sinistra
e tutt’intorno
si stende priva di difese la terra di nessuno...
Niente paura!
Una di qua e una di là
ci sono a spalleggiarlo
le due querce dalla spessa corazza di corteccia:
sentinelle davvero temibili e possenti
dalle molte braccia,
pronte a fermare il passo a chiunque si avvicini...
e, in verità, molto molto più grandi di lui!
Ma è evidente che è lui che comanda
e gli ordini sono chiari:
chi è Fuori è fuori, chi è Dentro è dentro!

January 30, 2012

Fox’s police station



Terremoto

La grande mano tellurica
è emersa dall’oscuro mistero sotterraneo.
Ha afferrato Casamia
e l’ha scossa dalle fondamenta.
Con brutalità.
Con indifferenza.
Come un giocattolo fra le dita sbadate di un bimbo.
E poi... tutto finito!... tutto intatto!
Eppure sento un piccolo serpente freddo
che si agita dentro di me.
La grande mano ha rivoltato Casamia come un guanto.
Dentro – pericolo
Fuori – salvezza
Sul pavimento e lungo i muri
corrono adesso lunghe crepe di paura.
Nelle nere connessure d’ombra fra i mattoni
l’imprevedibile tesse inquiete ragnatele impalpabili.

January 29, 2012

Meet Me at the Cross




Magie

È passata la lunga notte di Santa Lucia,
vibrante di luci e campanelle.
Nel camino fra mille faville
arde il ciocco natalizio.
Ornate la casa con celtico vischio,
ginepro aromatico, agrifoglio portafortuna:
vuol giocare il Sole Bambino,
appena nato dal buio solstiziale.
Sul tavolo non ancora sparecchiato,
dove il piatto di lenticchie preannuncia ricchezze future
e il pane di Natale sparge il suo aroma speziato,
si allungano mani impazienti:
il rosso e il nero, il dado, i numeri e i fagioli...
la Ruota gira, il Grande Gioco ricomincia.
Calamità e malanni andatevene via!
Il ferro di cavallo protegge la Soglia.

Ascoltate...
nella notte gelida
le bestie sussurrano segreti nella stalla.
Al tepore dei loro fiati si riscalda il Santo del fuoco:
dall’Inferno è ritornato, col suo maialino e il bastone a forma di tau.

Candelora. Brillano le fiammelle nell’agonia della cera
e lascian presagi di stelle filanti e cenere...

Come la colomba che ritorna all’Arca,
il Plenilunio ha portato il pallido ulivo dalle foglie d’argento.
Si avvicina la Pasqua:
nel cielo azzurro di primavera il Sole è crocefisso all’Equinozio.
Calendimaggio. In un tripudio di rose Maia è regina,
Dea della luna e del serpente:
nell’aria profumata
risuona ininterrotto il ronzante mantra del rosario.

...è tempo di accendere i fuochi rituali per Giovanni che piange:
la sua testa rotola per la china buia dei mesi che verranno.
Risplendono i falò di Mezza Estate.
Raccogliete le erbe stillanti rugiada:
il giallo iperico scacciadiavoli,
l’artemisia sacra a Diana,
la verbena, l’aglio, il ribes...
È notte di streghe, è notte di divinazione.
Il grande noce del Sabba ci regalerà le sue verdi drupe,
squisito elisir nelle sere d’inverno.

Trionfa, spiga d’oro,
nelle lunghe giornate della mietitura
arse dal solleone.
Trionfa, estate di fiamma,
fino alla notte magica di san Lorenzo
che fila stelle d’argento...

Rotolano i giorni e scema la luce.
Vigilia di Ognissanti: l’aria trema del sospiro dei morti.
Il buio avanza e di nuovo suona la campanella:
la notte più lunga che ci sia!

January 28, 2012

Un lavoro fatto bene!



Una finestra per tener fuori il temporale
che bussa ai vetri con lunghe dita di vento.

Una finestra per far entrare il primo sole
che gocciola oro liquido sulla parete di fronte.

Una finestra per tener dentro le nostre parole
che non vadano a raccontare il nostro amore
in giro per il mondo.

Una finestra per far uscire l’anima tremante
quando il mio tempo sarà finito.

January 27, 2012

Mondi paralleli



Blu inquieto.
Onda immobile.
Cielo di vetro.
Il Mistero è triplice.
Forma.
Cerchio, cubo, sfera.
Materia.
Trama e ordito di seta.
Argento che riluce opaco.
Traslucido turchese percorso da vene dendritiche.
Il Mistero è nell’oggetto percepibile
in Questomondoquotidianodispazioeditempo:
la sciarpa leggera,
il cucchiaino da tè,
quello che resta di una lunga collana
che un giorno si è impigliata
in un gesto troppo brusco o distratto
e si è sciolta in rotolanti perle azzurre,
il piccolo bottone screziato,
il dado che non ha numeri per sfidare la Sorte.

January 26, 2012

Burning Down the House




Diagonali di fuoco
corrono voraci sulle vecchie travi.
Il legno geme
e nel fumo esala il respiro delle stagioni passate.

January 25, 2012

Study in Brown



Ho messo un bicchiere sul davanzale.

Con le sue dita di gelo
Gennaio l’ha trasformato in una magia di fiori di ghiaccio
che risplendono come diamanti.

Passeggiando a Febbraio nel bosco
ho trovato un bucaneve
immobile candore sul cristallo fermo dell’acqua.

A Marzo il bicchiere trabocca
del profumo e del colore di primule e viole.

In Aprile mi sono innamorata
...c'era una margherita, ma l’ho sfogliata!

A Maggio la prima rosa, splendida e sontuosa
rosa d’amore, rosa regalata!

Giugno ha portato la seta scarlatta dei papaveri
e Luglio la bianca spuma del fior di carota.

Agosto è il trionfo della dalia gialla
piccolo sole d’oro tondo e raggiante.

Violetti astri settembrini e fior di cicoria
han dato al vetro il color della sera.

A Ottobre ho reciso un geranio fiorito sul balcone
rosso saturo e verde velluto.

Nella bruma di Novembre ho colto l’ultima rosa del giardino
e l’ho messa nel bicchiere
insieme a un pallido crisantemo.

È Natale: c’è un rametto d’abete
su cui brilla, piccola e molto fragile, una sfera di vetro
che in se stessa tutto riflette:
la finestra e la casa
il cielo e la terra
le stagioni e l’amore.

January 24, 2012

Perry who?



Non voglio essere ristrutturata
e colorata di giallo-uovo e rosso-ciliegia.
Non voglio l’umiliante cartello dell’agenzia immobiliare
borgo residenziale – vendesi-affittasi.

Preferisco che mani sconosciute
lascino sui miei mattoni ruvidi
e sul legno scheggiato del portone
scritte ingenue o incomprensibili
disegni buffi e a volte scurrili
che forse sono messaggi criptici per Chissachi...

Non voglio che l’aia
dove in estati lontane
mucchi di grano brillavano come oro
diventi un parcheggio per residenti.

Non mi piacciono i cocci di bottiglia e le lattine schiacciate
i barbecue improvvisati
gli schiamazzi e le risate sguaiate.

Preferisco i baci segreti e le carezze notturne
di amanti clandestini.

Odio i passi pesanti di chi
in un bastone di morte porta la paura
che a colpi secchi rimbalza per la campagna.

Ma Tu che in silenzio mi abbracci
nella lente gentile del tuo obiettivo
Tu vedi i miei fantasmi
e sai accarezzare i miei ricordi...

January 23, 2012

Beauty and Pride




La casa dei miei sogni cambia colore ad ogni stagione:
bianca come nuvola vagabonda a Primavera,
d’Estate azzurra come i languidi fiori della cicoria,
di nudi mattoni in Autunno, vestita di rampicanti rossi,
rosa d’Inverno come la dolce glassa di un pasticcino.

La casa dei miei sogni galleggia sull’acqua
come candida ninfea.
Non ha muri ma solo quattro grandi finestre:
una color dell’alba
una d’oro fiammante
una cangiante di viola e turchese, come vetrata di chiesa
l’ultima drappeggiata di nero velluto cosparso di diamanti.

La casa dei miei sogni è tana, rifugio, protezione
viaggio, avventura, esplorazione...
È una chiatta che percorre liquide vie senza fine.
È una casa su zampe di gallina,
che a grandi passi va per il Mondo.
È una casa-treno,
col comignolo che sbuffa nuvole di vapore azzurro:
mi porta lontano
senza mai sciogliere il caldo abbraccio dei suoi muri.

January 22, 2012

La brina e la casa grande



L’Inverno non ama i delicati acquerelli della Primavera
celesti – verdi – rosa
che stingono in macchie confuse di petali e nuvole.

Non usa i pastosi colori a olio dell’Estate
che stende densi gialli e arancioni
di messi dorate e solleone.

Disdegna le spesse tempere e i compatti pennelli
che l’Autunno intinge nei cupi rossi e nei viola
del suo fogliame e dell’uva matura.

L’Inverno disegna con mano leggera.
Usa la matita con precisione
per delineare i rami nudi.
Tratteggia tenui sfondi color di pioggia.
In punta di pennello ricama ghirigori di ghiaccio.
Sfuma sbuffi di grigio.
Vela il bianco abbagliante di ombre cangianti
e illumina di brina azzurrina il color sempreverde.

E a volte si lascia tentare da una voglia di rosa
appena un tocco leggero
che è la promessa delle gemme future.

January 21, 2012

Darby and Joan



Apologia della Casa Rurale

Guardare il cielo stellato significa guardare il Tempo.
Quello che vediamo è il passato, anzi tanti passati quante sono le diverse distanze (misurate in numeri esorbitanti di anni-luce) dei corpi celesti rispetto al nostro occhio, che ne percepisce la luce.

Anche guardare un paesaggio significa guardare il Tempo, un tempo umano,
ben ancorato a questa Terra.
Ecco lì un raccordo autostradale,
una stazione di servizio con self-service e autolavaggio,
tralicci dell’alta tensione,
una distesa di pannelli solari,
i binari dell’alta velocità, la tangenziale, la rotonda... VIA! VIA!... cancelliamo tutto questo!
Villette a schiera coi loro minuscoli giardini che sembrano finti,
edifici costruiti in bioedilizia,
pareti vertiginose di vetri riflettenti e strutture metalliche,
maisonettes e appartamenti sovrapposti in palazzi affittasi-attico-con-finiture-di-pregio.
VIA! VIA!
Borghi ristrutturati, con intonaci dai colori sfacciati.
Capannoni-di-varie-metrature-vendesi...
VIA!
E, per favore, accomodatevi fuori anche voi, case dai muri in mattoni a vista...
...e anche voi, buone case anni ’50
(avvolgibili scrostate e balconi a giorno con le ringhiere arrugginite).

Te sola voglio in questo mio paesaggio,
col tuo grande androne ombroso
e il porticato dove il sole disegna arcate di luce,
il muro del fuoco
e la finestra a lunetta del granaio, che è forse un simbolo astrale,
le mattonelle sconnesse dell’aia
e la vecchia stalla che ancora risuona di caldi muggiti
e lunghe fiabe raccontate nelle sere d’inverno,
e le pareti traforate del fienile, alto come una cattedrale,
col soffitto di legno a capriate e oblique lame di pulviscolo che tagliano l’ombra...
Tutt’intorno a perdita d’occhio
la grande campagna...

January 20, 2012

Civetta (Athene noctua)





Dea alata dagli occhi d’oro
uscita da un tetradramma ateniese,
il tuo sguardo chiaroveggente affascina.
Amica della notte,
sorella dell’oscurità,
penetri il buio col tuo lungo verso di oboe.
Piccola guerriera sapiente compagna di Atena,
hai duri artigli assassini
e penne arruffate e morbide come pelo di gatta.
Tu conosci i segreti olimpici
e parli parole antiche di filosofica saggezza.
Ombrosa e corrucciata,
attenta e curiosa,
esperta di incantesimi e malie,
maga e indovina
tu scruti il Tempo
e percorri intero il cerchio dell’orizzonte
girando il capo dal cipiglio severo.
Nelle tue grandi pupille ipnotiche
di topazio e giaietto
si addensa il Mistero...

January 19, 2012

Jaco



Three views of a secret

I

Il mio piccolo segreto è grande come il mondo!
Sigillato nel più prezioso degli scrigni, chiuso con mille chiavi, sta, tesoro nascosto, nel più profondo recesso del mio cuore.
Chi si è avventurato alla sua ricerca si è perduto nel buio: labirinti ingannevoli, imprevedibili trabocchetti, lunghi e tortuosi cunicoli che non portano da nessuna parte... oscurità, ombre infide... e scale e scale, che salgono e precipitano, su e giù, o forse giù e su...

Il mio grande segreto è piccolo come una fiammella, che palpita e scalda e brilla con bagliori di rubino.

Molti si son messi alla prova: alcuni hanno fatto ritorno, confusi e incapaci di ricordare; altri, senza speranza, ancora vagano a tentoni: ne sento a volte i passi, sempre più lontani, e le voci perdute, sempre più fioche.

...ma Tu... Tu, forse, seguirai il filo, sottile come bava di ragno e più fragile di un fiore di ghiaccio.
Io stessa te l’ho messo fra le dita, mentre Tu, distratto, pensavi ad altro...

II

Mi sono calato nel pozzo oscuro, giù, sempre più giù, cercando appigli con le mani e con i piedi.
Ho percorso sentieri di acqua e di fango.
Ho percepito nella melma viscida forme dure, taglienti: maldicenza e infamia, rimorso e tormento.
Ho attraversato paludi di solitudine e nebbie impenetrabili di pena e di dolore.
Ho visto il colore della paura.
Ho creduto a simulacri, confondendo verità e finzione.
Nel silenzio, l’eco della mia voce, moltiplicata da volte cupe e rimbombanti, mi ha fatto tremare.
Ho visto la mia immagine nello specchio fermo e scuro dell’acqua ipogea... e non mi sono riconosciuto!
Dove seppellirò il mio segreto?

III

Tutti hanno il proprio segreto.
Io ho il mio segreto.
Tu hai il tuo segreto.
Ma io... evviva!... ho decifrato il codice!
Miracolosamente, quando meno me lo aspettavo, quei minuscoli segni incomprensibili, sacre iscrizioni sulle tavole della Tua Legge, piccoli dei enigmatici custodi del mistero del tuo cuore... così, da un momento all’altro, eccoli comporsi nel più chiaro, solare, evidente dei messaggi...
Specchio specchio delle mie brame... nelle magiche profondità ho visto brillare il tuo sorriso... prismi di cristallo riflettevano arcobaleni...

January 18, 2012

The Borough Apprentices



Flashback

D’estate vestivamo alla marinara;
d’inverno gonna a pieghe, calzettoni e montgomery,
con alamari e bottoni di legno oblunghi
e con un nome strano e divertente,
come le parole senza senso delle conte.

Giocavamo con grandi bambole dagli occhi di vetro,
che ci portava Santa Lucia
in una lunghissima notte insonne, intessuta di magia e desideri.
Ogni Natale ci sfuggiva dalle dita, come cosa viva,
una fragile palla colorata, che deflagrava in una miriade di schegge luminose.
Scrivevamo letterine cosparse di brillantini iridescenti.

Andavamo a scuola il primo di ottobre,
col grembiule nero e la cartella,
e avevamo sempre le dita un po’ macchiate d’inchiostro.
Leggevamo Piccole donne e Pattini d’argento.

La nonna ci mandava a far la spesa in latteria e in drogheria.
Il papà ci portava a casa il disco a 78 giri della Vecchia fattoria.
La mamma portava i capelli cotonati o pettinati con il rotolo in su.
E diventare grandi significava la cipria e le calze velate.

...naturalmente, andavamo a letto dopo Carosello!

January 17, 2012

Brown Eyes



Due amiche

Mi giocherei la testa
che una ha la testa sul collo,
mentre l’altra è una testa vuota...

January 16, 2012

La porta che dà sulla strada



Le Case Perdute

Dietro il sipario di bruno velluto
cerco la strada che conduce al Paese del Sonno.
Scaccio da me a fatica gli insetti fastidiosi del giorno:
ronzii molesti di preoccupazioni e ansie,
strida acute di apprensioni e affanni.

Cerco il silenzio.
E ritrovo i miei luoghi perduti.

Case fra le cui mura ho tessuto lunghi giorni e lunghe ore,
dove si cullano i miei ricordi bambini,
dove ho vissuto estati adolescenti.
Case che il Tempo ha cancellato
o trasformato
o mi ha precluso per sempre.
Io ne conservo la chiave
in nascondigli d’ombra.
La maniglia mi invita...

...percorro interminabili corridoi,
scendo e salgo scale infinite.
Nel labirinto delle Case Perdute
entro in stanze colme di ricordi:
ne scelgo qualcuno e lo accarezzo per un po’...
Con tranquillità.
Non c’è fretta.

Io cerco la strada che porta
là dove le età della vita si confondono,
dove volare è facile e scrivere è impossibile.

Io cerco il Paese Oltre la Soglia,
dove i colori sono più vividi
e la realtà è fatta di una sostanza diversa,
dove il presente è presente, la logica è paradosso, la verità è intuizione.
Là abitano emozioni inaspettate, avventure eccitanti e passioni sfrenate.
Là, a volte, si annida la Paura...

Apro e chiudo porte.
Ritrovo oggetti, mobili, suppellettili.
Nessun’altra presenza umana: solo io,
non simulacro evanescente,
ma più che mai viva e percettiva e consapevole!
Tutt’intorno il silenzio.
E il profumo del Tempo.

In tutte le mie Case Perdute
c’è la buia Soglia del Sonno,
che ogni notte varco con passo leggero...
...ma io non so dov’è...
Lì, dove tutto sprofonda, cresce folto il pallido loto dell’oblio.
Di lì si ritorna sempre a mani vuote,
le dita macchiate di polvere colorata
come chi ha trattenuto per un istante l’ala di una farfalla.

Quando allungherò la mano
per scostare il misterioso tendaggio variegato
che nessun occhio sveglio ha mai veduto,
quando le mie dita si tenderanno a toccare
quell’impalpabile tessuto di sogni
...sarò già Altrove...

January 15, 2012

Due



Interno (Inverno)

Altre estati hanno disegnato rettangoli di sole
sulla fragile fugacità degli intonaci scoloriti.
Pulviscolo di perdute intimità.

In altri inverni il calore del fuoco ha riscaldato l’ombra
e ha cullato segreti.
Soffice silenzio di intimità lontane.

January 14, 2012

Il principe



Che cosa vede la Tigre,
uscita dalla sua paradossale giungla argentina
dove ambigui sentieri di porcellana continuamente si biforcano?
Contro chi spalanca le sue fragili fauci
per ruggire il silenzio?

Qual è l’immagine che si rispecchia nelle pupille sbarrate
degli Schiaccianoci dai lunghi baffi,
sfuggiti or ora alla dolce melodia di una fiaba invernale
per approdare in un mondo sconosciuto?

Sette paia di occhi fissi su Qualcosa
...che dev’essere tutt’altro che rassicurante!
Qualcosa di inquietante
e forse addirittura spaventoso!

Creatura, essere, sostanza,
fenomeno o apparenza,
fantasma, ombra, sogno
sta lì,
immobile malia,
davanti a quegli sguardi
che han dentro turbamento e sorpresa,
smarrimento e forse paura.

Quale casuale combinazione materica
reale o fittizia
si trova a riempire con la sua estranea incongruità
quella particolare porzione di spazio-tempo
in cui tutti gli sguardi convergono?

...Qualcosa c’è,
emana la propria esistenza
proprio lì...

QUI! In questo istante...

January 13, 2012

In her own sweet world



Waltz for Debby

A lungo se ne stava fermo, sulla soglia, a contemplarla.

Nel silenzio vibrante di una musica che solo lei udiva, spirali luminose di capelli scompigliavano miriadi di pagliuzze d’oro, prigioniere in un raggio di sole.
Il vestitino, allargato e teso nella danza, vorticava come una trottola: colori confusi, colori brillanti... clown e pupazzi, immobili occhi di bambole, rapiti e fissi in quel dolce mondo di fiaba, dove la bella fanciulla e il suo principe ballano e ballano per sempre...

Dal mio posto, fra un carillon a forma di cuore e il più strano degli scacciaspiriti, fatto con le stringhe delle scarpe, potevo vederlo.

A lungo se ne stava a guardare la sua bambina, fermo, più fermo dei peluche allineati in bell’ordine, più fermo delle bambole, immobilizzate nei loro atteggiamenti stereotipati.
Prigioniero di una fragile magia, tratteneva il respiro... sulla sottilissima pelle di sapone della bolla, vorticoso e colorato, gira e gira un universo effimero: nuvole e alberi, cielo e terra... fra un attimo si dissolverà in uno spruzzo di minuscole gocce...
Quasi non batteva palpebra, il filo impalpabile ma tenace dello sguardo a trattenere l’incantesimo.
Ritrovava ad un tratto, mai dimenticato, il sapore inconfondibile della propria infanzia, zucchero e panna, subito variegato dal dolceamaro di una vaga malinconia.
I suoi ricordi di bambino, non poi così lontani, brillavano vividi e luminosi, come frammenti di uno specchio rotto.
...il passato...

E poi, improvviso, un fuoco d’artificio chiaro e luminoso, il frizzo indistinto della speranza: sua figlia diventerà grande, vivrà la sua vita, realizzerà i suoi sogni...
...il futuro... non poi così lontano!

Il Tempo!
Quante cose mi ha portato via!
Il mio bel color porpora, che risaltava vivace fra le Barbie in bluejeans e i pagliacci ridenti.
La mia piccola principessa e il suo mondo di giochi e fiabe inventate... scambiato con una solida e responsabile vita di adulta!

Fuori piove.
E io non sono che un vecchio, stupido orso polveroso...

January 12, 2012

Qualcuno volò



È solo un muro...
ma per farlo c’è voluto tutto il mondo!

Le Montagne hanno dato le pietre e le rocce.

Su spiagge scomparse,
antichi Mari hanno depositato sabbie,
che il Tempo ha trasformato in arenaria.

Il Fiume ha levigato sassi e ciottoli,
con le sue lunghe carezze d’acqua.

Il ferro lo ha dato il cuore della Terra,
estraendolo dalle sue misteriose e bollenti viscere.

Il Bosco ha regalato il legno,
che ancora sussurra storie alate e furtive...

I mattoni e la calce son frutto di sudore e fatica:
li ha fatti l’Uomo, con le sue mani.

Ultimo viene il Picchio...

January 10, 2012

La quercia


ABAIF

Questa è una fiaba speciale,
perché comincia dalla fine.

Nessuna forza al mondo
potrà mai staccare dalla casa
l’ombra di quell'abbraccio!

Avevano vissuto insieme tanto a lungo
che ricordavano gli stessi ricordi...
ricordi dorati
di grano maturo e capelli scompigliati al vento,
ricordi colorati
di vestiti estivi e farfalle,
candidi
di fitte nevicate e lenzuola stese ad asciugare,
palpitanti ricordi
di morbide piume e cuori innamorati,
leggeri
di ragnatele e raggi di luna,
e pesanti
di fatiche e dolori.

Sotto la terra bruna
le radici dell’una si allungavano
a toccare le fondamenta dell’altra
...e le facevano il solletico!
Rideva la casa
con tutte le sue finestre spalancate al sole
e rideva la quercia
col gaio cinguettio dei suoi nidi.

Ed ecco l’inizio.

C’era una volta,
e adesso non c’è più,
una grande quercia secolare,
con potenti rami frondosi
e una ruvida corteccia di pachiderma buono.
Ma tutto questo non bastò a salvarla.
Un giorno crudeli denti d’acciaio penetrarono nel tronco immenso...

C’era una volta,
e c’è ancora,
una casa di campagna,
fatta di solidi mattoni,
con spessi scuri di legno
e un robusto chiavistello alla porta.
Ma questo non bastò a tener fuori tristezza e solitudine.
Un giorno le finestre furono sprangate per sempre
e la porta fu murata.
Dentro non rimasero che silenzio e polvere.

January 09, 2012

Una cicatrice



Il muro

Il mattone è fatto di acqua e di terra;
il fuoco indurisce l’impasto
e lo rende resistente.

Il muro è fatto di mattoni,
disposti uno sull’altro
in modo che le connessure si alternino,
e fissati con la calce:
così risulta solido e compatto
e può contrastare il vento e la pioggia,
la tormenta e la tempesta.

La casa è fatta di muri;
quattro muri formano una stanza.
Dentro le stanze ci sono
mobili, suppellettili e vite.

Dentro le vite ci sono
ricordi e speranze,
amori e lutti,
sogni notturni e sogni ad occhi aperti,
e le storie ripetute
che intrecciano le generazioni come i punti di un lavoro a maglia,
e affetti e rancori,
ricette di cucina e filastrocche,
il lessico familiare,
il gatto e il canarino,
tivogliobene e lasciamiinpace
...e tutto questo è molto fragile!

January 08, 2012

Dentro



Via Strazzetto n. 16

Queste parole sono state scritte
su una busta, che qualcuno ha ricevuto.

Sono state tracciate con fatica
da piccole dita incerte, macchiate di inchiostro,
che si sono inceppate sulle zeta...

Sono state vergate col batticuore su un bigliettino,
ripiegato in fretta insieme a un bacio furtivo
e lasciato con trepidazione
nella mano impaziente di un ragazzo conosciuto per caso
...che un giorno o l’altro, chissà...

Sono state stampate
su un certificato di matrimonio,
dimenticato in un cassetto polveroso
insieme a una rosa bianca, fragile e sfogliata.

Sono state scrutate nella fitta nebbia padana
dagli occhi di qualcuno che ha percorso la lunga strada di campagna,
sapendo di essere atteso per un’allegra serata conviviale.

Sono sempre pronunciate con un sorriso sulle labbra
...e una stretta di nostalgia al cuore
da qualcuno che racconta di essere nato lì.

January 07, 2012

Polvere


Le case abbandonate si lasciano morire a poco a poco...

Gli intonaci si sgretolano.

Le case abbandonate sentono di non essere più amate.

Un tempo mani premurose
le accudivano con cure assidue.

Le case abbandonate piangono lacrime di umidità,
chiazze scure e viscide macchiano le pareti scrostate.

Un tempo occhi familiari ne ammiravano la quotidiana bellezza.

I mattoni si sbriciolano.

Un tempo il cuore della casa si scaldava
alle voci dei bimbi e ai racconti dei vecchi.

Un tempo il profumo del cibo
si mescolava a canzoni e risate.

Le case abbandonate scivolano nel silenzio
e muoiono.

January 06, 2012

Elapsed Time



Il Tempo è una sfera verdazzurra
che gira su se stessa
e in se stessa si rispecchia.

È il ticchettio incessante degli ingranaggi,
il battito del cuore,
il ritmo del respiro.

È la musica delle Stelle
che, instancabili, percorrono le loro orbite luminose.

È la risacca dell’onda
che spumeggia sulla spiaggia.

È bolla di sapone
che cattura il mondo nel suo vortice iridescente
...e all’improvviso si frange in inutile spruzzo...

È la vita della sequoia, più breve di un millennio.
È la vita dell’effimera, più lunga di un’ora.

È l’acqua del fiume, che scorre
e non risale mai alla sorgente.

È perso, come un sasso nel mare.

Vola, come rapida rondine,
ma ha artigli di rapace
e divora anche le pietre.
Cammina a passi felpati
come un gatto nel buio.

È la polvere che si alza ai tuoi passi
lungo il cammino della vita.

È l’attimo che fugge, è l’attimo che opprime:
più lieve di una piuma, più pesante del piombo.

È il passato che dorme nel buio,
è la trama inconsistente del futuro,
è l’inafferrabile presente.

È ricordo, rimorso, rimpianto,
memoria, nostalgia e malinconia.
È occupazione, preoccupazione, ansia,
è noia, abitudine, rito.
È fantasia, è attesa.
È consolazione e vendetta.
È crescita, trasformazione, cambiamento,
movimento e metamorfosi.
È evoluzione e rivoluzione.

È seminare e raccogliere, è Morte e Rinascita.
È sabbia fra le dita,
è nebbia che evapora, è cenere, è neve sciolta.
È gocciolio.
È il guscio frantumato,
la candela che si consuma,
il fiore appassito.

È l’ombra dello gnomone sulla meridiana,
l’agenda, il cronometro, la clessidra, la sveglia,
l’anticipo e il ritardo,
la data, l’orario e la scadenza,
l’annata, la mensilità, la quotidianità,
buongiorno e buonanotte, sonno-veglia,
il pane fresco e il giornale,
aspettare l’autobus e prendersi un break,
chilometri all’ora e timbrare il cartellino,
ere geologiche, olimpiadi e compleanni,
il moto di rotazione e quello di rivoluzione,
anni-luce, epoche, corsi e ricorsi, lustri e quadrimestri,
l’anno 0 e la fine del mondo,
avanti Cristo e dopo Cristo, Storia e Preistoria.
È carpe diem e sfera di cristallo,
i segni zodiacali dell’oroscopo
e le figure criptiche dei Tarocchi.

È il giro del mondo in 80 giorni,
è l’orologio del Cappellaio Matto,
che indica i giorni, ma non le ore.
...in sei giorni creò il Mondo e il settimo si riposò.
È Kronos, l’eviratore del Padre,
generato dalle viscere di Gea, la Primordiale,
che ad uno ad uno divorò i suoi figli...
...è velocità che divora lo Spazio.
È Apocalisse: è la fine dei Tempi.
È l’Ineffabile, l’Irripetibile, l’Inarrestabile,
l’Inesorabile.

(È l’intervallo: il sipario si chiude)

È mitico.
È sacro, liturgico, rituale.
È la campana e il muezzin.
È il calendario con i Santi,
le fasi lunari,
equinozi e solstizi, buio e luce, notte e dì,
trentagiornihanovembreconaprilgiugnoesettembre,
gli anni bisestili,
le stagioni,
le età della vita...
...quantèbellagiovinezzachesifuggetuttavia,
ieri e oggi
...deldomannonvècertezza.

È danza, musica, ritmo, silenzio.
È poesia, sillaba-accento-pausa.
È correre, camminare, fermarsi.

...è per sempre... è mai più...
prima-dopo-ancora
durante-nel frattempo-un’altra volta
subito-immediatamente-in un batter d’occhio
ultimamente-recentemente-prossimamente
incessantemente-continuamente-contemporaneamente
ininterrottamente-istantaneamente-momentaneamente
senza soluzione di continuità,
è ADESSO!

È rovina e rinnovamento,
perseveranza e durata,
impazienza e fretta,
permanenza e conservazione,
ripetizione e insistenza.
È ozio, negozio e vacanza,
prospettiva e retrospettiva,
accelerazione e rallentamento.

È l’Inizio e la Fine.
È il Big Bang e il Gnab Gib.
È il respiro dell’Universo.
È vasto e insondabile,
è pietoso e crudele,
è sprecato, disponibile e tiranno.
È un’idea, una struttura mentale,
una sfida, una beffa, un assillo.
È fenomeno, illusione, paradosso.
È Karma, è Predestinazione.
È un sentiero che si biforca.
È causalità e casualità.
È simultaneità.
È relativo.
È ciclico, rettilineo o puntiforme.

È l’UOMO: è la sua sconfitta, la sua condanna, la sua prigione.
È il suo tesoro.
È il suo Sogno.

January 05, 2012

Them There Eyes



Il Bambino a 2 dimensioni.

Non se n’è accorto nessuno!
Nel mercatino affollato, i passanti sorvolano con sguardi distratti gli oggetti più disparati, esposti sulle bancarelle nella loro assoluta casualità di cose di altre case.
Il Libro sta lì, polveroso, fra scatole di latta e vecchi calendari: “Cuore” di Edmondo De Amicis.
In silenzio, senza nemmeno un fruscio, se n’è uscito dalle pagine... anzi, proprio dalla prima pagina, datata lunedì 17 ottobre e dedicata al primo giorno di scuola.
Non è un personaggio importante, come il buon Garrone o il perfido Franti, il “signorino” Nobis o il bravo Derossi, ma è pur sempre il fratello di Enrico, il Protagonista... fratello minore, per la verità, quello nella classe della Delcati, la maestra dei “piccoli”.
Ma conosce bene anche Perboni, il maestro che insegna ai “grandi”, e la maestrina dalla penna rossa, giovane e ridente: la vede spesso uscire dal portone del numero 38, in Largo Montebello, per recarsi a scuola...
Bella e regale Torino in questa fine di Secolo, con le sue piazze e i suoi palazzi, i corsi affollati di carrozze, le pasticcerie e le rivendite di carbone e di legna, le bandiere tricolori che parlano al cuore!
Ed eccolo Qui, col suo vestitino alla marinara, le manine paffute e gli occhi stupiti...
E’ un Qui molto strano, dove tutto appare diverso.
Lui, nato e vissuto dentro il Libro, si sente... come dire?... “appiattito”, “schiacciato”, come se persone e cose intorno a lui avessero in qualche modo uno “spessore”, un “rilievo”... ma son concetti estranei, che gli sembra di pensare per la prima volta!
E c’è Qualcosa di ancor più inquietante e incomprensibile...
I Calendari Perpetui che stanno accanto a lui gli sussurrano una parola: “Tempo”.
Bè, anche lui conosce il Tempo, ma, a sentire i vecchi saggi Calendari, che di queste cose se ne intendono, pare che Qui il Tempo possieda una caratteristica speciale: pare che sia “a senso unico” e lo si possa percorrere in una sola direzione e che non sia possibile tornare indietro... nè fermarsi, nemmeno per un attimo! Strano davvero!
Nel suo Universo-Libro il Tempo può essere fermato a pagina 40 come a pagina 86... lo si può percorrere avanti e indietro e viceversa, basta girare le pagine in un senso o nell’altro!
Il povero Muratorino, morto a pagina 95, può di nuovo fare “il muso di lepre”: basta andare a pagina 42!
Il piccolo scrivano fiorentino può scrivere e riscrivere infinite volte i nomi degli abbonati sulle fascette e il ragazzo genovese, una volta arrivato alle Ande, può ricominciare il suo viaggio dagli Appennini... è il LETTORE che decide a suo piacimento!
...Chissà chi è, Qui, il LETTORE che decide come va letto questo Libro...

January 04, 2012

L’albero dei diamanti



Guardami!

Sono bellissima.
La brina notturna mi ha avvolta nel suo lieve abbraccio
e mi ha lasciato in dono diamanti di ghiaccio...
la nebbia mattutina,
con la sua umida carezza,
li ha trasformati in liquide perle perfette
...e io le ho trattenute con le mie pallide ciglia.

Guardami!
Le mie piccole foglie d’argento,
orlate di un tenero rosa di palpebra,
risplendono come gioielli.

Fermati!
La mia magia è una rete sottile,
più impalpabile della tela del ragno,
trasparente come lacrime di Fata:
così fermerò i tuoi passi,
che risvegliano il fruscio delle foglie nel bosco addormentato,
così catturerò il tuo sguardo
e incanterò il tuo cuore!

Dorme il bosco il suo lungo sogno invernale.
Tra l’erba arrossata dal gelo,
tu non guardare il verde smeraldino del muschio,
soffice come velluto...
non guardare i merletti azzurri dei licheni,
sui tronchi ruvidi...

La mia bellezza effimera
svanirà nel sospiro del vento.
Il mio tempo è breve.
Certo non conoscerò il sorriso luminoso della primavera.
...e forse, se la mano di ghiaccio di Gennaio il Gelido
mi sbriciolerà nella sua stretta mortale,
la notte che verrà non avrà per me risveglio.
Ma non mi importa, se tu mi avrai vista!

Guardami
e fammi esistere!

January 03, 2012

I’m Beginning To See The Light



L come Lanterna

“Credo sia un errore cercare un tema [...] uno scrittore deve lasciare che siano i temi a cercarlo [...]”, dice Jorge Luis Borges, “Questi temi io non li ho scelti, son stati loro a scegliere me”.

Io non sono certo una scrittrice, ma scrivere mi piace... e adesso ho la netta sensazione di essere stata scelta da una lanterna!
A dir la verità, non so bene cosa scrivere...
E se questa fosse (non vorrei prender lucciole per lanterne!)... e se questa fosse una LANTERNA MAGICA?!?

Se guardo nella sua luce ferma e chiara, io vedo... vedo...
limpidi laghi di liquido lapislazzuli,
lepri leste e libellule luccicanti,
la lieta longevità dei larici e dei licheni.
Vedo locomotive lontane,
la luna e il lampione,
lamponi e limoni,
il lambrusco e le lenticchie,
il latte e il laterizio,
il legno laccato lucido e liscio,
il letto con linde lenzuola color lavanda,
la lana lilla coi lustrini,
il libro lettoeriletto.
La Legge e il Lavoro,
il link, il Lego e il Leitmotiv,
il leader e i lieder, il loft e la Land Rover.
Londra e Livorno,
luglio e lunedì.
La laboriosità, la logica e la lode.

...ma ecco che la luce vacilla, si fa incerta e fioca e tutto appare indistinto e sfuocato: come in un limerick, nulla sembra più avere un senso...
Nella penombra, fra lampi in lontananza, io vedo... credo di vedere
lumache leste e lepri lente,
leoni in letargo,
lucertole latranti, lirici lupi e lontre linguacciute.
Ladri e lestofanti,
lacrime e lotte,
lavagne liturgiche e lievito latente,
lacune laconiche e locuzioni litigiose,
languidi liquori e laudano liberacidalmale.

Le ombre si addensano, la luce agonizza: un ultimo guizzo...
...lunghi labirinti e lame lampeggianti,
lugubri larve in un labile limbo,
lagune limacciose,
labbra languenti di Lamie lamentose,
lombrichi e locuste su lapidi lustrali...

January 02, 2012

Pettirosso (Erithacus rubecula)





Dialogo fra la Fata Vitalba e Robin Pettirosso
in un giorno di mezzo inverno.

“Piccola Fata, che in bianche piume ti pavoneggi
      fra i nudi arbusti invernali,
      buongiorno a te!”
“E a te, Robin Pettirosso! Se le tue fattezze non m’ingannano,
      tu sei parente di quel folletto bugiardo e malizioso
      chiamato Robin Goodfellow... o altrimenti Puck...”
“Tu non t’inganni, ma quel Robin,
      che s’aggira nei boschi a mezz’estate,
      è un vero discolaccio.
 Talvolta spaventa le ragazze, fa cagliare il latte,
      ferma le ali dei mulini
      e fa sbagliar strada ai viandanti notturni...
 Io invece amo l’inverno
      e non amo i dispetti.”
“Robin Pettirosso,
      ti conosco bene!
 Oggi ho sentito dire
      che hai provveduto a tener calde
      le uova del tordo sassello...
 Sorpresa dalla neve nel folto del bosco,
      la madre tardava al nido...
 Sì, lo gnomo Saltazolle
      me l’ha raccontato!
 Oh, so che il tuo piccolo petto
      colore del fuoco
      nasconde un cuore d’oro!”