Sacralità
Nella penombra della stalla,
fra basse colonne da cripta,
sotto il soffitto a botte,
nel silenzio profondo sciabolato da
oblique lame di luce,
parla una Divinità antica.
Parla parole primordiali.
La sua voce è fiato caldo di bestia,
sa di terra
e fa tremare le viscere.
È la Dea paleolitica,
la Madre dai pesanti fianchi fertili,
la Venere steatopigia che insegna
l’amore
dentro al cerchio degli Uomini.
Dal suo ombelico profondo come il mare
ha origine la Vita multiforme.
Nel suo grembo scuro la Morte cova i
suoi segreti.
Dea cornuta come l’astro della notte.
Regina del Ciclo e della Sacra Spirale.
Dea azzurra di acqua e plenilunio.
Specchio e labirinto.
Dea bianca di nascita e morte.
Con occhi veggenti di Parca
scruta il Tempo nelle profondità del
bacile.
Il suo tocco fa scorrere brividi sulla
pelle.
È un’avvenente giovinetta,
provocante di orgogliosa verginità.
È una femmina gravida dal ventre
gonfio di vita:
i suoi seni stillano nutrimento.
È una vecchia che ha in mano una curva
lama tagliente.
È la Dea degli antichi pagi, a lei si
offrono fiori e latte.
È il sangue che pulsa nella frenesia
della danza rituale.
Vuole il Sacrificio.
La sua vista è insopportabile: è
magnifica e terribile.
È la rosa, è la spina che trafigge e
uccide.
Il suo alito è il respiro della
Natura.
Conosce la strada che porta alla
Soglia.
Suscita panico. Emana spavento.
È la Dea che ancora abita
i tabernacoli scrostati e cadenti,
dimenticati lungo le vecchie strade di
campagna,
e i piccoli oratori
dove fra pulviscolo e ombre si annida
il Passato.
È la Dea del fermento e della
germinazione, del grano e del pane.
È crescita e decomposizione.
Sussurra segreti.
Dice che ci son cose che si perdono con
dolore.
Dice che ci son cose che si lasciano
andare con rassegnazione.
No comments:
Post a Comment