Per tre lunghi mesi
abbiamo fotografato l’inverno.
Abbiamo respirato aria
che sapeva di freddo e di nebbia
e maneggiato obiettivi con dita
intirizzite.
Abbiamo camminato
ascoltando lo scricchiolio del ghiaccio
e il tonfo sordo della neve
che si compatta sotto le suole.
Abbiamo tracciato un percorso
fra i bar lungo le strade,
le trattorie vecchio-stile
sopravvissute nella vasta pianura,
i forni di paese.
Un caffè caldo,
un bicchiere di vino,
una focaccia fragrante
...e via di nuovo,
armati di cavalletto e appesantiti
dagli zaini,
per i sentieri nascosti di una
geografia perduta,
ricamata di gelida brina.
Adesso, però, sotto la crosta di neve
ghiacciata
scorre un fremito impercettibile,
un brivido, un formicolio...
La terra dorme il sonno leggero
che precede l’alba
e si agita inquieta
sotto la pesante coperta invernale.
Sogna
e il suo sogno è oro di sole fra le
ciglia.
Sospira
e il suo sospiro è sfarfallio di
petali.
Tremano le sue delicate palpebre
gonfie di rosee gemme.
Sbadiglia
nella voce innamorata degli uccelli
e si stiracchia languida
nei loro rapidi voli
che già profumano d’amore.
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