I
Mi sono svegliata nel cuore della notte.
Spalancando gli occhi nel buio
ho creduto di avere ancora le palpebre abbassate.
Tutto intorno lo spazio si è ingarbugliato
e mi sono persa
nel pozzo profondo del nonsenso.
Ma la mano si è per istinto
aggrappata all’abitudine
e ha trovato l’interruttore...
La luce ha creato una stanza sconosciuta:
il tavolo e l’armadio, la lampada e lo specchio,
tutto sottilmente estraneo.
Eppure gli oggetti stanno lì,
esistono
con placida tranquillità:
loro sono quello che sono
e quello è il loro posto!
È evidente che l’estranea sono io!
II
Comincia sempre così...
Sogno di essere esattamente dove sono:
il mio letto, la coperta, il cuscino,
i pallidi riferimenti luminosi nel buio della stanza...
...ma nel Sogno non sto dormendo
e mi rigiro fra le lenzuola.
E all’improvviso, alle mie spalle,
dei passi, un tocco leggero, una voce
non spaventosa, anzi familiare:
un amico, un collega di lavoro, qualcuno che conosco bene,
ma che certo non dovrebbe trovarsi lì!
Il dubbio si insinua in me e voglio svegliarmi.
Ma il Sogno è vischioso e non vuole lasciarmi.
Io, però, riesco con grande sforzo ad alzarmi!
Cerco coi piedi le pantofole...
...sul pavimento ce ne sono a decine, tutte spaiate!
Ha vinto Lui! Sto ancora dormendo!
Il Sogno è una pece collosa
da cui più volte credo di uscire... per poi ricredermi.
La luce vacilla e crea ombre gigantesche sui muri.
Con una faccia più vera del vero
il Sogno sogghigna:
come in uno specchio deformante,
si distorce,
diventa mostruosità, demone...
La porta sembra aperta,
ma un’invisibile pellicola la rende impenetrabile
come una parete di mattoni...
La soglia precipita sul corridoio
con un dislivello così alto che dà le vertigini...
E così via,
il Sogno apre una scatola dentro l’altra
e io so che nell’ultima
c’è la Paura senza nome...
III
Bambina, sto giocando in cortile
con i sassi e la sabbia.
È l’imbrunire.
Fra poco mia madre mi chiamerà per la cena.
Presa dal gioco mi attardo,
finché intorno si addensa il buio.
Nessun richiamo è giunto dalla Casa.
Il silenzio è pesante come piombo.
Mi avvio verso la porta
e già la paura mi stringe il cuore...
Sprangato l’uscio
e chiuse le finestre,
la Casa è estranea
e mi respinge.
Dietro gli scuri serrati
percepisco ostilità.
Intorno a me notte e solitudine.
E un vento freddo
azzurro di plenilunio.
Sulla luna nemica
spicca nera
l’impronta rapace di un artiglio.
IV
Una volta ho sognato
di vivere una lunga vita
senza di te.
Eppure tu eri presente.
Ti incontravo di tanto in tanto
e sempre
per un momento fuggevole
ti riconoscevo.
Eri il buffo sberleffo
sulla faccia simpatica del ragazzino spettinato.
Eri la lunga occhiata di desiderio
che mi avvolgeva in mezzo alla folla.
Eri il sorriso colto su un volto sconosciuto,
il tocco amichevole,
lo sguardo complice,
la battuta azzeccata che dissipa l’imbarazzo,
lo scherzo che riporta il buon umore,
il saggio consiglio ascoltato per caso,
l’idea profonda nelle parole di chissachi...
Era tuo il vecchio viso buono
velato di nero
e tua la mano che mi ha indicato la Strada...
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