March 12, 2012

Kilroy Was Here



È completamente calvo, o con pochi e radi capelli
e ha un lungo naso cadente.
È flaccido come un pupazzo di pezza,
eppure, invadente e curioso,
si aggrappa al muro con entrambe le mani
e si sporge per guardarti
con occhi piccoli e inespressivi, oppure grandi e sbarrati
dove forse c’è accusa, complicità, malizia,
o forse solo indifferenza.
E a quel punto sei tu a chiederti
cosa c’è oltre quel muro, nel mondo di Kilroy...

Appare senza età,
ma è nato durante la seconda mondiale
e quindi ha superato i settanta.
È venuto al mondo sui campi di battaglia.
Buffo e irridente, enigmatico e malinconico,
è figlio della strage e della violenza,
dei patimenti e della nostalgia,
generato non da chi la guerra la decide,
ma da chi la fa e la subisce.

Ha conosciuto personaggi che hanno fatto la Storia,
è riuscito a insospettire il mostro antisemita
e a imbarazzare il dittatore d’acciaio.
È amico di Snoopy, di Fred Flintstone
e di Fonzie, con cui si intrattiene a lungo nell’ufficio.

Lo si ritrova nei posti più impensati:
sulla copertina di un disco e nel ventre della balena,
nelle labirintiche e oscure viscere di Parigi
e nell’azzurro abbacinante di un atollo polinesiano,
sul ponte che Marco Polo calpestò nel lontano Katai,
sulla metropolitana e sul Muro di Berlino.

Ha girato l’America in lungo e in largo
sulle strade di Kerouac,
ma ama sopratutto la Grande Mela:
irta di grattacieli e circondata dallo scintillio delle acque,
la contempla dall’alto della fiaccola di Miss Liberty.

Certo non soffre vertigini,
dato che se ne sta sulla trave più elevata
del George Washington Bridge.
E questo davvero non è nulla:
il nostro eroe non si è fermato neppure
di fronte al gigante Everest... ed eccolo là, in cima al mondo.

E ancora non gli basta...
Se in una notte di plenilunio ti senti osservato,
devi sapere che l’intraprendente Kilroy
non ha dimenticato la pallida dea,
evocata dagli innamorati di tutti i tempi
e cantata da mille poeti...
Lassù, dove gli occhi umani si levano da innumerabili millenni,
dove in fragili ampolle si conserva il senno di chi l’ha perduto,
eccolo scarabocchiato sulla polvere, leggera come cipria,
proprio accanto alle impronte scalpitanti dell’Ippogrifo
...o era Neil Armstrong?
...eh no, questa carota la dice lunga:
era senza dubbio Bugs Bunny!

Onnipresente e globale,
è il padre di tutti i graffiti.
La sua coloratissima progenie
si nutre di luoghi pubblici e ambienti metropolitani,
divora le città,
ama la breakdance,
percorre le strade urbane
disseminando messaggi criptici, tridimensionali,
vandalici, artistici,
osceni, buffi,
mistici, dissacranti,
forse luoghi comuni, forse frammenti di verità.

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