February 07, 2012

Silent Eyes


Sacralità

Nella penombra della stalla,
fra basse colonne da cripta,
sotto il soffitto a botte,
nel silenzio profondo sciabolato da oblique lame di luce,
parla una Divinità antica.
Parla parole primordiali.
La sua voce è fiato caldo di bestia,
sa di terra
e fa tremare le viscere.

È la Dea paleolitica,
la Madre dai pesanti fianchi fertili,
la Venere steatopigia che insegna l’amore
dentro al cerchio degli Uomini.
Dal suo ombelico profondo come il mare
ha origine la Vita multiforme.
Nel suo grembo scuro la Morte cova i suoi segreti.

Dea cornuta come l’astro della notte.
Regina del Ciclo e della Sacra Spirale.
Dea azzurra di acqua e plenilunio.
Specchio e labirinto.
Dea bianca di nascita e morte.
Con occhi veggenti di Parca
scruta il Tempo nelle profondità del bacile.
Il suo tocco fa scorrere brividi sulla pelle.

È un’avvenente giovinetta, provocante di orgogliosa verginità.
È una femmina gravida dal ventre gonfio di vita:
i suoi seni stillano nutrimento.
È una vecchia che ha in mano una curva lama tagliente.

È la Dea degli antichi pagi, a lei si offrono fiori e latte.
È il sangue che pulsa nella frenesia della danza rituale.
Vuole il Sacrificio.
La sua vista è insopportabile: è magnifica e terribile.
È la rosa, è la spina che trafigge e uccide.
Il suo alito è il respiro della Natura.
Conosce la strada che porta alla Soglia.
Suscita panico. Emana spavento.

È la Dea che ancora abita
i tabernacoli scrostati e cadenti,
dimenticati lungo le vecchie strade di campagna,
e i piccoli oratori
dove fra pulviscolo e ombre si annida il Passato.
È la Dea del fermento e della germinazione, del grano e del pane.
È crescita e decomposizione.
Sussurra segreti.
Dice che ci son cose che si perdono con dolore.
Dice che ci son cose che si lasciano andare con rassegnazione.

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